tartufo nero d’inverno

Da “brumalis”  = ossia  invernale  (Vittadini 1831).

Nome volgare:  tartufo nero d’inverno  o  brumale

CARPOFORO: di forma globosa più o meno regolare ma in genere di piccole dimensioni; al massimo come un uovo

PERIDIO: a superficie finemente verrucosa, con verruche poligonali, basse ed appiattite, (in genere più piccole di quelle del melanosporum) che si staccano facilmente dalla gleba. Il colore del perizio è nero, nero brunastro.

GLEBA: grigio brunastra con venature bianche più rade è più grosse rispetto a Tuber melanosporum. Queste venature sono piuttosto larghe ed appariscenti.

PROFUMO: grato ma forte ( da cui il nome “nero forte”) che negli esemplari adulti ricorda quello della rapa(più forte e marcato tipo muschiato nella varietà moscatum).

SAPORE: più marcato anche se meno squisito del nero pregiato piccante nella var. moscatum.

ASCHI: ellittici a sacco miusurano 100×70 µm e contengono da 3 a 6 spore

SPORE: di colore ocra-chiaro, di forma oblungo-ellittica anche se più piccole del T. melanosporum, con dimensioni di 20-42 x 16-28 µm. La superfici è coperta di spirale sottili ad apice flessuoso, acuto.

PIANTE SIMBIONTI: nocciolo, tiglio, carpino nero e bianco, roverella, pino nero, cedri.

Ecologia del Tuber brumale e Tuber brumale varietà “moschatum”

Le esigenze ecologiche del Tuber brumale tipico e della sua varietà “moschatum”, che differisce principalmente per l’odore più intenso e pungente, non sono state oggetto di ricerche specifiche ma sono sicuramente ampie come dimostra il suo vasto areale. Secondo Chatin (1892) è una specie dell’Europa settentrionale che, essendo capace di tollerare maggiormente le basse temperature, si porta più a nord del Tuber melanosporum. E anche vero perché lo si ritrova nell’Europa meridionale: in Spagna, nel sud della Francia ed in Italia accanto al Tuber melanosporum. In Italia è presente in Piemonte, Liguria, Toscana, Trentino, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Marche, Umbria, Abruzzo. Mouse, Lazio, Campania, Calabria e Sicilia. il Tuber brumale è un tartufo che si adatta ad una infinità di ambienti; Io si ritrova indistintamente in montagna, in collina ed in pianura. Non ha particolari esigenze in fatto di clima, ma vuole terreni mediamente profondi, tanto da avere l’appellativo di “nero di campo” e con un certo contenuto di argilla. Inoltre questo tartufo tollera bene anche suoli con una certa umidità. Anche la vegetazione simbionte a cui si associa sembra rivelare queste esigenze: infatti pur potendolo trovare associato con la roverella (Quercus pubescens) o il carpino nero (Ostrya carpinifolia) sulle pendici montano-collinari (Mannozzi Tonni, 1976), le sue principali specie simbionti sono i tigli (Tilia cordata, Tilia platiphyllos e Tilia x vulgaris), la farnia (Quercus peduncolata), ed il nocciolo (Corylus avellana), tutte piante di terreni abbastanza profondi e mediamente freschi. Generalmente lo sviluppo di Tuber brumale nelle tartufaie naturali, segnala un peggioramento delle condizioni ecologiche ed un regresso nella produzione di specie più pregiate; per esempio il Tuber brumale compare nelle tartufaie di Tuber melanosporum, quando l’area bruciata si inerbisce e diventa troppo ricca di sostanza organica e lettiera; nelle tartufaie di Tuber magnatum compare soprattutto quando il suolo presenta sintomi di asfissia, segnalati dalla presenza di abbondante muschio. Lo sviluppo di Tuber brumale sembra favorito quando il pH del terreno si avvicina alla neutralità o addirittura scende a valori sotto pH 7. Meno esigente di luce del T. melanosporum ma più esigente dei T. magnatum, si localizza in prevalenza sulle bordure dei boschi e nei giardini.

(Foto Gabriella Di Massimo)