tartufo bianchetto o marzuolo

Da  “albidum” =  di  colore  chiaro  (Pico,  1788).

Nome volgare:  bianchetto o anche marzuolo

CARPOFORO: in genere rotondo, ma anche gibboso; solitamente di piccole dimensioni e può raggiungere le dimensioni di un uovo.

PERIDIO: liscio di colore variabile dal bianco ocra all’arancio, per cui piuò essere scambiato per il bianco pregiato.

GLEBA: biancastra inizialmente, a volte vira ad un colore fulvo, venature piuttosto larghe, poco numerose, ramificate biancastre.

PROFUMO: decisamente agliaceo e penetrante

SAPORE: non molto gradevole e spesso anche da cotto risulta parzialmente indigesto.

ASCHI: globosi, sub clavati, per lo più sessili o sub peduncolati contenenti 1-3 spore, raramente 4.

SPORE: globoso ellittiche, reticolate a nido d’ape di piccole maglie, misurano 19-55 x 16-35 µm.

PIANTE SIMBIONTI: pino nero, pino domestico, pino marittimo, pino d’aleppo, cedro, roverella, cerro, farnia,pioppi, salici.

Ecologia del Tuber albidum

Il Tuber albidum è una specie ubiquitaria che presenta un vasto areale europeo (secondo alcuni autori si dovrebbe parlare di “gruppo di specie” più che di specie singola). In Italia è presente dalle valli alpine alle isole, in particolare nelle pinete litoranee, nei boschi misti delle zone collinari, nelle aree di vegetazione relitta della pianura, nonché sotto le conifere di parchi e giardini. E abbastanza comune ovunque vegeti il Tuber magnatum, ma rispetto quest’ultimo si è adattata a condizioni pedoclimatiche differenziate (Zambonelli, 1984) e va ad occupare ambienti più “difficili”. E infatti comune nelle pinete litoranee, caratterizzate da terreno tipicamente sciolto, sabbioso e salmastro e con clima tipico delle zone costiere (con escursioni termiche ridotte, ventilazione ed umidità relativamente elevate e scarse precipitazioni nel periodo estivo), ma vegeta anche nei terreni calcareo-argillosi con clima continentale (forti escursioni termiche ed abbondanti piogge primaverili). Le piante con cui il Tuber albidum entra in simbiosi sono i pini delle zone costiere, pino domestico (Pinus pinea), pino marittimo (Pinus pinaster), pino d’Aleppo (Pinus halepensis); quelli delle zone collinari pino nero (Pinus nigra) e pino laricio (Pinus nigra var. laricio) e quelli esotici come il pino eccelso (Pinus excelsa) ed il pino strobo (Pinus strobus); simbionti sono anche le querce sia dei boschi mesofili, rovere (Quercus sessiflora) e cerro (Quercus cerris), che xerofili roverella (Quercus pubescens). Per quanto riguarda alcune specie erbacee come la lupinella (Onobrychis viciaef’olia) e l’elicriso (Helicrisun italicum) citate da alcuni autori come possibili simbionti, va detto che queste sono solo piante associate a certi ambienti fortemente argillosi ove vegeta molto bene il Tuber albidum. Infatti i tartufi più belli e più grossi si ritrovano fra l’apparato radicale dei ciuffi di lupinella ma sempre in vicinanza di altre piante sinbionti. Al contrario esemplari molto più piccoli, talvolta delle dimensioni di un pisello, si rinvengono nelle tartufaie di zone umide e fitte del bosco o di zone ricoperte da ricca vegetazione di brachipodio come nei terreni sodi e negli ex coltivi. Questi esemplari di Tuber albidum che anche a maturazione emanano un debole profumo vengono chiamati nelle Marche “chiodelli” (Rabascini, 1985). La fruttificazione di Tuber albidum, generalmente abbastanza superficiale c con carpofori per lo più isolati, può iniziare (a seconda dei freddi invernali) a gennaio e si protrae fino ad aprile. Il periodo migliore per gustare tartufi maturi e dal forte profumo agliaceo è quello di febbraio-marzo.

Foto Gabriella Di Massimo