scorzone, tartufo estivo

Da “aestivum” = che cresce in estate (Vittadini 1831).

Nome volgare: scorzone, tartufo estivo

CARPOFORO: ha dimensioni assai variabili e può raggiungere dimensioni anche notevoli

PERIDIO: a superficie verrucosa, di colore nero, con verruche piramidali sporgenti di grosse dimensioni.

GLEBA: generalmente di color nocciola, più o meno giallastra nei tartufi maturi, spesso anche di colore biancastro; è solcata da numerose e sottili venature biancastre spesso anastomizzate tra loro.

PROFUMO: delicato e gradevole che ricorda vagamente l’aroma dei funghi; tenue da giovane, marcato a piena maturazione e se chiuso in un contenitore.

SAPORE: simile a quello dei porcini.

ASCHI: prima peduncolati, poi globosi, di 60-95 x 50-80 µm, contenenti in media 1-4 spore, talora 6

SPORE: di colore giallo-scuro µm rotondeggianti od ovali, misuranti 18-41 x 14-32 µm con la superficie esterna irregolarmente reticolato-alveolata; l’altezza delle creste membranose che originano gli alveoli sono sistematicamente più basse di circa il 50.

PIANTE SIMBIONTI: cerro, roverella, nocciolo, carpino nero e bianco, farnia, rovere, faggio, pino nero, pioppi.

Ecologia del Tuber aestivum Vitt.

Studi specifici sull’ecologia del Tuber aestivum sono stati condotti da Chevalier e Frochot (1979, 1988) per le zone della Francia, ma alcune considerazioni possono ritenersi valide anche per l’Italia, inoltre, poiché queste specie di tartufi presentano esigenze ecologiche simili, si parlerà principalmente di quelle del Tuber aestivum fornendo per quelle del Tuber uncinatum solo eventuali precisazioni ritenute utili. Il Tuber astivum è verosimilmente la specie di tartufo commestibile più comune e diffusa in Europa, estendendosi il suo areale dall’Italia e dalla la Spagna fino agli Stati Baltici ed all’U.R.S.S. (Gross, 1975; Chevalier, 1979). La sua presenza è stata inoltre segnalata nell’Africa del Nord (Fischer, 1938) ed anche nella costa meridionale della Turchia (Zambonelli, 1984). L’enorme area di distribuzione del Tuber aestivum in Europa può spiegarsi con le sue esigenze edafiche e soprattutto climatiche che sono minori di quelle degli altri tartufi pregiati, anche se è difficile sapere in che misura si tratti di Tuber aestivum o di Tuber uncinatum; secondo Chevalier (1978) il Tuber aestivum occupa soprattutto la parte meridionale del suo areale europeo, mentre il Tuber uncinatum quella orientale (Germania e Paesi dell’Est).  In Italia il Tuber aestivum ed il Tuber uncinatum sono presenti un pò ovunque in molte regioni del Nord (Veneto, Piemonte, Lombardia, Liguria, Trentino) del Centro (Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio) e del Sud (Abruzzo, Mouse, Campania. Calabria) (Mannozzi e Tonni, 1984; Tamburrano, 1988).  Il Tuber aestivum è capace di svilupparsi su una grande quantità di terreni formatisi da rocce madri di età geologiche molto differenti: calcari primari del Devoniano. calcari secondari del Trias e del Giuras; calcari terziari deIl’Eocene, Oligocene e Miocene; sedimenti eluviali e colluviali del quaternario, con un substrato calcareo che permetta un approvvigionamento in calcio.  I suoli a tartufo nero estivo presentano in genere dei profili di tipo rendzina e di tipo suolo bruno calcareo, anche se questo tartufo non teme i suoli molto superficiali, su roccia madre di calcare duro; la loro tessitura è molto variabile secondo gli ambienti, ma più sovente si presenta equilibrata. Il Tuber aestivum può svilupparsi in mezzo alle pietre, fra gli interstizi della roccia o nelle conche, ove si è accumulato molto humus proveniente dalla decomposizione delle foglie. Questo tartufo predilige particolarmente terreni calcio-magnesiaci, filtranti, ricchi in costituenti fini e grossolani, con struttura aerata e grumosa, e sopporta meglio che il Tuber melanosporum suoli molto più pesanti e tenaci; il tartufo nero d’estate può fruttificare in terreni ricchi d’argilla a condizione che, oltre alla presenza di calcare, la parte superficiale ove si trovano i carpofori sia molto aerata; esso rifugge dai terreni fradici preferendo quelli in cui l’umidità non sia prolungata e che si riasciughino prontamente. L’aspetto chimico di questi suoli rivela che Tuber aestivum si sviluppa a livelli di sostanza organica molto variabili, tuttavia rispetto al nero pregiato ne sopporta contenuti più elevati e infatti è capace di svilupparsi nella lettiera ammucchiata fra le pietre.  La quantità di ioni scambiabili presente nei suoli dove fruttifica lo scorzone può essere variabile, anche se esso si sviluppa generalmente su suoli ben provvisti di potassio ma molto poveri di fosforo e sufficientemente ricchi di calcio.  Alcuni recenti risultati mostrano che Tuber uncinatum è capace di fruttificare in suoli che hanno ricevuto una forte concimazione minerale (Chevalier e Frochot, 1988).  Il clima gioca un ruolo meno importante nel determinare, rispetto agli altri tartufi pregiati, la distribuzione di T. aestivum che può prosperare in zone con un clima dall’influenza oceanica ma anche in quelle con un clima sensibilmente continentale. Nei climi di montagna molto spesso T. aestivurn rimpiazza il T. melanosporum al di sopra degli 800-1000 m di altitudine ma, al pari di quest’ultimo, è esigente riguardo la distribuzione e l’intensità delle precipitazioni in funzione della temperatura, specialmente durante il periodo di maturazione dei corpi fruttiferi.  Secondo De Ferry (1888) buone annate di produzione sono quelle in cui si verificano grosse precipitazioni in giugno, luglio e soprattutto agosto, cioè le annate in cui le messi sono rovinate dalle piogge (Gross, 1975). Il Tuber aestivum è una specie meno esigente delle altre per quanto riguarda la temperatura, infatti si sviluppa in paesi molto più nordici, si eleva di più in altitudine, ma tollera meno bene la siccità estiva. La vegetazione normalmente associata a questo tartufo è diversa a seconda dei caratteri climatici della zona così, nelle regioni settentrionali ed in zone meridionali ad altitudine più elevata, il T. aestivum entra in simbiosi di preferenza con farnia (Quercus robur), rovere (Quercus petraea), faggio (Fagus silvatica), carpino bianco (Carpinus betulus) e nocciolo (Coryllus avellana); nelle zone meridionali e in quelle settentrionali ad altitudini minori si trova con roverella (Quercus pubescens), leccio (Quercus ilex), pino nero (Pinus nigra), pino laricio (Pinus nigra var. laricius) e carpino nero (Ostrya carpinifolia). Esiste poi una serie di piante che, se pur non direttamente simbionti di questo tartufo, tuttavia si ritrovano comunemente sulle tartufaie come il frassino maggiore (Fraxinus excelsior), l’orniello (Fraxinus ornus), l’acero campestre (Acer campestre), il prugnolo (Prunus spinosa), il biancospino (Crataegus monogyna), la sanguinella (Cornus sanguinea), il sorbo domestico (Sorbus domestica) ed alcune specie di ginepri (Juniperus communis, Juniperus oxycedrus). Le tartufaie di Tuber aestivum si possono trovare in ambienti molto vari: su bassi versanti e pendici montane, su altopiani elevati e nei fondo valle; al margine dei boschi, in prossimità di roveti e di arbusteti, in terreni coltivati, incolti e ricolonizzati da cespuglieti; lungo le strade e sulle scarpate, in pieno bosco e nei rimboschimenti. Il Tuber aestivum necessita di ambienti soleggiati con un microclima caldo e poca ombra (Gross, 1975), mentre il Tuber uncinatum sembrerebbe sfuggire le zone troppe esposte ai raggi diseccanti del sole per ritirarsi nelle zone semiombreggiate (Schwarzel, 1967) o addirittura negli ambienti bui; il tartufo uncinato può infatti fruttificare nelle pinete ove non esiste alcuna vegetazione se non i muschi (Chevalier, 1978). La presenza del Tuber aestivum può essere più o meno evidenziata dalle caratteristiche aree prive di vegetazione (pianello).  Mentre il Tuber aestivum tipico “brucia” completamente lo strato erbaceo ed i suoi “pianelli” si manifestano in maniera molto netta intorno la pianta ospite, gli indici visuali che permettono di individuare una tartufaia di Tuber uncinatum sono meno netti e le “bruciate” sono meno spettacolari; solo talvolta si osservano delle chiazze o dei circoli presentanti una vegetazione erbacea stentata e sporadica. Il Tuber aestivum si sviluppa e fruttifica per quasi tutto l’anno, infatti il suo micelio genera più fruttificazioni successive. Il Tuber aestivum forma gli abbozzi dei carpofori a metà febbraio e già a fine aprile si notano sulla superficie del suolo delle screpolature dove emergono i primi tartufi; sollevando i ciuffi secchi di erba si scoprono dei veri e propri nidi di tartufi. Questa prima produzione di maggio-giugno, da cui l’appellativo di “maggengo”, fornisce dei tartufi poco profumati che si degradano facilmente e non sono mai completamente maturi, Il grosso della fruttificazione con carpofori dalle buone caratteristiche organolettiche si ha da agosto a settembre, a condizione tuttavia che vi sia stata qualche precipitazione estiva, altrimenti in luglio la crescita si arresta e i tartufi ancora presenti in terra si seccano o muoiono rapidamente. I primi carpofori di Tuber uncinatum cominciano ad apparire in giugno, ma anche la loro maturazione dipende dalle piogge di luglio: il grosso della raccolta di questa varietà ha luogo in autunno da ottobre a novembre, epoca in cui i carpofori sono maturi e molto profumati. A volte la raccolta può proseguire fino a gennaio-febbraio. In genere i corpi fruttiferi della specie Tuber aestivum sono abbastanza superficiali e addirittura raso suolo se sono prodotti in terreni molto compatti. Essi, sviluppandosi, sollevano la terra e formano delle fessure caratteristiche; altre volte nella tartufaia è visibile un vero e proprio anello con la terra più o meno sollevata, provocato dai tartufi che stanno crescendo.  Negli ambienti con densa vegetazione i corpi fruttiferi si sviluppano per la maggior parte isolati, mentre negli ambienti più assolati ed in presenza di “pianello” sono prevalentemente a gruppi.  I tartufi possono situarsi in prossimità del tronco della pianta ospite, all’interno della “bruciata” o al limite fra questa e la vegetazione circostante.

(Foto M. Montanari)

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